La poesia che racconta le stagioni della vita

A Margherita G.
Margherita, stamane ti ho incontrata
dopo la ninna nanna del caffè,
eravamo soli: io e te.
Sei scivolata tra le dita strette
alla matita, ricordando che l’acqua
quando scorre fugge alla sua foce,
che la parola, come la vita,
senza memoria non ha voce.

Sono i bellissimi versi in epigrafe alla raccolta di poesia appena uscita per L’Erudita di Giulio Mazzali, “Tempora“. 

La silloge si compone di quasi 90 poesie suddivise in maniera abbastanza classica in 4 parti (separate da altrettanti intermezzi), che nella suggestione sono 4 stagioni della vita, e un epilogo che in realtà non chiude il cerchio, percé questi versi tracciano una specie di percorso intimo di elaborazione di un dolore talmente profondo da non poter essere estirpato – la parte finale recita “La rosa sboccia e poi avvizzisce, / esulta muore / e lascia al suono del silenzio / tutto ciò che era ” – ma che si può accettare, a lungo andare, trasformandolo in parole e poesia per stemperarne la crudezza.
Questo lavoro è frutto di lunghi anni di scrittura, di meditazione, di revisione, mi è capitato in parte di seguirne gli sviluppi, di commentarlo con l’autore, eppure quando ho letto il libello ero stupita, come se non avessi mai letto prima nessuna di queste poesie e in effetti molte sono inedite per me, e per quanto l’idea iniziale sia sempre stata quella di tracciare un percorso ideale di crescita ed elaborazione,l’esito finale mi ha sopreso, ero convinta che ci fosse del talento in Mazzali, ma mi perplimeva la classicità della sua impostazione, mi sbagliavo.
E voi leggetelo, se amate la poesia, e anche se non ne avete mai letta una, potreste scoprire un nuovo modo di esprimersi.

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