L’uragano Ignatius I e II parte

Ieri è stato ripubblicato a 50 dalla morte del suo autore e a 30 dalla sua prima pubblicazione postuma, “Bibbia al neon” di Kennedy Toole per marcos y marcos, nella traduzione di Franca Castellenghi Piazza.
A parte un’edizione Rizzoli dell’altro libro scritto da Toole, “Una banda di idioti“, tradotto all’epoca però come “Una congrega di fissati”, l’editore milanese è l’unico ad aver contribuito a diffondere il verbo del genio americano morto troppo presto e a ristampare periodicamente le sue 2 opere.
Toole ha scritto Bibbia al neon a soli 16 anni nel 1953 e 10 anni dopo ha creato “Una banda di idioti”, ma entrambi i testi non hanno perso smalto, verve o quella forza quasi inconsapevolmente iconoclasta che li hanno resi leggendari anni dopo la morte del loro autore. Ne è passata di storia da quando Toole ha deciso che il mondo non era abbastanza per il suo genio, eppure le sue parole stanno ancora lì a stigmatizzare l’America, certi tic, certi costumi, certe manie, che a guardar bene non sono estranee nemmeno a noi italiani, e probabilmente a nessun altro popolo.
 
Sono rimasta così travolta la prima volta che ho letto l’opera di Toole che ne ho scritto tantissimo – sebbene debba ammettere na generale tendenza a esondare come un fiume in assenza di limiti di spazio a cui attenermi, tanto che in uno dei pezzi comincio parlando di Poodle Springs, romanzo incompiuto di Raymond Chandler… chissà cosa mi diceva la testa all’epoca.
 
➡️ Qui su “Una bibbia al Neon e ➡️ qui su “Una banda di idioti”.
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