Addio ai monti

Il catalogo degli aii

Ancora sugli addii.

Ho appena letto il il “Catalogo degli addii” di Marina Mander con le illustrazioni di Beppe Giacobbe (et al. editore), ormai reperibile solo nei remainders.

E’ un libro in parte epistolare e per il resto sembra davvero un catalogo di brevi frasi, aforismi originali, ricordi e pensieri via via sempre più personali del protagonista, che diventano paradigma dell’addio e dell’amore in senso universale.

Ho impiegato un’ora più o meno a finirlo, e mi ha divertito, nell’accezione del verbo che indica il distogliere la mente dal contingente, di intrattenere, ossia di far scorrere il tempo senza indugiare nelle proprie ambasce. Mi ha divertito e alcuni concetti sono davvero illuminanti, alcuni “adiii” sono ironici, malinconici, struggenti, altri più banali e verbosi; le illustrazioni che li accompagnano molto belle e narrative; però in generale mi aspettavo qualcosa di più particolare, un libro oggetto forse, un catalogo come quelli di arte ma dedicato agli addii, e invece è uno scambio quasi intimo tra due persone che hanno un conto in sospeso, sebbene una delle due non lo sappia dall’inizio .

L’espediente del catalogo è appunto solo un pretesto per raccontare in altro modo una storia d’amore finita male, tanto da sembrarmi quasi il racconto di una vendetta consumata lentamente: Peter, autore del fantomatico “catalogo” – «Per mestiere scrivo qualsiasi cosa. Per vocazione lascio quasi tutto» – su incarico, richiesta e suggerimento di Nina, la sua nuova e misteriosa responsabile editoriale – «gli uomini non lasciano lettere d’addio, preferiscono andarsene di soppiatto, dileguarsi. Noi abbiamo pensato di offrire loro uno stimolo, qualche spunto per addolcire la pillola» – , raccogliendo le sue idee sugli addii, ripercorre quasi senza accorgersene la sua vita sentimentale, finché non comincia a rimpiangere l’abbandono del suo grande amore parigino.

(SPOILER)

Qui il libro prende una deriva diversa: la donna “vittima” dell’addio di Peter è proprio Nina, che è anche l’autrice dei primi brevi brani del catalogo, firmati N., da cui si capisce tutta la sofferenza e la crudeltà di un addio inaspettato. La cosa non mi ha particolarmente sorpreso, ma io faccio poco testo, scopro sempre molte pagine prima della fine di un romanzo o già al primo tempo di un film thriller chi è l’assassino, ma la cosa non mi ha particolarmente deluso, resta comunque un libro particolare e che consiglio, come l’hanno consigliato a me (grazie a proposito!), a patto che non vi illudiate di trovare la formula esatto per dire addio.

Riuscito infatti è soprattutto il tentativo più o meno esplicito, di dimostrare l’impossibilità di trovare le parole giuste per un addio, la vanità della ricerca del modo meno indolore di lasciare qualcosa e soprattutto qualcuno, quando i sentimenti non sono sopiti, quando ogni spiegazione sembra assurda, quando c’è ancora l’amore di mezzo e sembra inverosimile poterci rinunciare. Gli addii in definitiva si subiscono e non c’è salvezza se non nel tempo. O come in questo caso nella vendetta.


Ps

La cosa che proprio non mi è piaciuta è la dedica del libro che recita: A tutti quelli a cui, senza volerlo, abbiamo detto addio”, retorica e anche falsa, come si fa a dire addio senza volerlo? Se è vero che come dice Holden Caufield che può capitare di non sapere di stare lasciando qualcosa o qualcuno, e che la cosa è un vero schifo, ogni addio pronunciato è voluto, cercato, imposto.

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