Quando “Fare pochissimo”… basta e avanza

E così domani Paolo Nori sarà nella mia libreria del cuore, Voland , per presentare insieme ad Antonio Pennacchi – che l’ha segnalato per entrare nella dozzina dello Strega 2018 – il suo ultimo libro, “Fare pochissimo” (che a dire la verità ha firmato come Paolo Onori, quasi a marcare un cambio di rotta nella sua produzione, ma su questo torniamo dopo) uscito sempre per Marcos y Marcos.

Per me che ho letto tutti i suoi libri, che lo seguo da quando ho iniziato a occuparmi di cultura e editoria – la mia prima intervista è stata proprio con lui nel 2005 per Stilos e lui è stato il primo scrittore con cui ho parlato al telefono nel lontano 2004 – è come l’arrivo a casa di un parente lontano ma a cui si vuole bene.

Non so ancora se domani andrò alla presentazione, l’ho visto altre volte in azione, ma voi andateci perché è un’esperienza, e spero che lo lasceranno leggere i brani del libro più che farlo parlare della storia, perché è l’estrema commistione tra parola scritta e parlata e quindi letta, la caratteristica più originale della sua letteratura, la più distintiva, almeno nel nostro paese. E poi se è la sua voce a renderne accenti e musicalità è come andare a un concerto. Se proprio dovessero fargli domande spero che gli chiedano dei libri degli altri, di autori russi che ama magari, perché ci sono pochi scrittori al mondo capaci di farti innamorare di altri scrittori quando ne parlano, e lui è l’unico a cui io permetto di scrivere recensioni di libri e di indirizzare le mie scritture.

Se non avete ancora letto  “Fare pochissimo” sappiate che  a parte la storia dello pseudonimo che è quasi un eteronimo (ma forse più un ortonimo alla Pessoa), è un romanzo quasi tradizionale rispetto ai suoi testi soliti pieni di dissertazioni, paragrafi lunghissimi, subordinate infinite, flussi di coscienza; la sintassi è più semplificata e c’è una trama più o meno articolata che si dipana nell’arco di 4 giorni della vita di un giornalista quasi cinquantenne, Marco Pietramellara, che tiene sottopseudonimi improbabili rubriche piene di fake news, che è stato querelato per una di queste e che sostiene di avere lo scoop del secolo nella prossima beatificazione di Stalin e in un suo miracolo; ha litigato con la compagna Nilde, madre di sua figlia Stàsùdadòss (che in dialetto significa «stai su da dosso»), con le quali non convive tutti i giorni comunque. E poi ha una collega Enrica Spadoni Coltellini ,che lui non sopporta, la quale cerca di coinvolgerlo in un omicidio oltre che in una tresca sentimentale.

Pietramellara è un uomo che aspira a fare pochissimo nella vita, come dice il titolo del libro, ma poi si ritrova suo malgrado immischiato in situazioni complicate che vengono raccontate con grande ironia e una costante vena di malinconia, soprattutto nei pezzi in cui medita sul tempo che passa, sulle cose che cambiano e non ci sono più, bellissime le pagine sulle stazioni che a un certo punto sono diventato altro rispetto a come le conosceva nell’infanzia. E soprattutto quando parla della figlia del suo essere padre o marito. In queste pagine soprattutto ritroviamo il Nori di sempre, con uno sguardo obliquo rispetto al consueto sul mondo, con una sensibilità quasi stralunata  e delicata ma precisa, nel trattare i piccoli grandi dolori della vita, quelle ferite minuscole dell’anima che a lungo andare possono creare crepacci in cui perdersi.

Pensandoci è meglio se il suo libro ve lo legge lui, va.

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