Libri o rossetti?

“La mia sensazione è che possiamo raccontarcela finché vogliamo, ma alla fine della fiera, è più probabile che un libro, un qualsiasi libro, trovi (più di) un recensore (entusiasta) che un lettore (pagante e soddisfatto)”

Avevo scritto un pezzo che finiva con queste parole.
Per la frustrazione di non trovare nemmeno due libri di cui scrivere felicemente al mese (a meno di non occuparmi quasi esclusivamente di certi editori su cui vado sul sicuro o di scrittori stranieri – meglio se morti – o di riedizioni di classici), e magari è colpa mia e della mia idea di letteratura, e mi era preso di voler polemizzare con l’assurda quantità di libri consigliati al giorno, spesso sempre gli stessi un po’ ovunque, e con le recensioni in serie perlopiù costruite con il resoconto dettagliato delle trame e distribuendo qualche aggettivo positivo a caso, o individuando inesistenti messaggi rivelatori di verità insospettabili. E mi chiedevo se “i recensori un tanto al chilo” davvero amino tutto quello che gli passa sotto mano o se realmente pensino che vada bene leggere di tutto e che tutto vada letto.
Domande retoriche ovviamente: io ho co-gestito la redazione di una rivista letteraria per quasi tre anni e me li ricordo i collaboratori (generalizzando di nuovo naturalmente) che “dovevano” smaltire le pile di libri inviate dagli uffici stampa (amici) e che mi invadevano di proposte di recensioni su recensioni, e interviste tutte uguali a decine di autori diversi, per non dover dire “no” a nessuno e continuare a intessere relazioni editoriali che prima o poi tornano sempre utili.
Poi ho pensato: ma chi se ne frega!
E sono uscita a comprarmi un rossetto nuovo.

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