Quando curare è un po’ (tanto) tradire

Curarsi con i libri. Rimedi letterari per ogni malanno

Sto leggendo il delizioso volume “Curarsi con i libri. Rimedi letterari per ogni malanno” (Sellerio, trad. it. di Roberto Serrai) delle biblioterapiste – così si autodefiniscono – Ella Berthoud e Susan Elderkin, che hanno scandagliato oltre duemila anni di letteratura per individuare il libro giusto per ogni affezione del cuore, dell’anima o del fisico. E per quasi tutti i mali stilano poi una sorta di classifica dei dieci migliori libri sull’argomento.
L’idea di un manuale di bibliomedicina è geniale anche per chi come me mantiene (o cerca di mantenere) un certo aplomb nei confronti dei libri, e leggere le associazioni tra romanzi e disturbi più o meno gravi è divertente, e poi come sempre in questo tipo di enciclopedie tematiche sui libri, si finisce per scoprire libri che non si conosceva o essere spinti a leggerne certi che si era volutamente ignorato.
Mi disturba però l’operazione di interpolazione quasi, svolta dal curatore Fabio Stassi, che ho trovato più volte molto bravo nel suo lavoro, anche come autore, il quale ha sostituito alcuni libri del manuale, sconosciuti a chi non è davvero pratico dell’area letteraria anglosassone, e questa è la giustificazione data nell’introduzione al libro, con volumi italiani secondo il proprio gusto e il proprio arbitrio. Se da un lato posso capire la necessità di rendere più appetibile o comprensibile la materia, dall’altro mi domando quanto il lavoro del curatore possa essere invasivo e i limiti che si deve porre per rimaneggiare il lavoro altrui. Qui non parliamo di scelte di traduzione che spesso sono obbligatorie, ma di veri interventi nel merito, per cui troviamo tra i migliori libri sull’essere adolescente, l’inserimento del romanzo di Paolo Giordano “La solitudine dei numeri primi” a bruciapelo tra “Il giovane Holden” e “I turbamenti del giovane Torless”.
Stassi non ha trascorso del tempo a sorbirsi tutta la letteratura prodotta (anche se relativa spesso a una area linguistica limitata) e non è un biblioterapista, non ha veramente condotto ricerche sul campo e non sa come funzioni la cura attraverso i libri, come può decidere che Giordano o Camilleri possano aiutare rispettivamente, gli adolescenti e i renitenti al matrimonio? Inoltre in molti casi ha ammesso lui stesso di aver lasciato i rimedi, ossia i libri, che nemmeno sono tradotti in Italia, perché si possono reperire ordinandoli on line e anche per incuriosire qualcuno e farli tradurre magari. Perché non è stata adottata questa scelta per tutte le opere? Mi pare che si sia esagerato con la libertà/necessità di tradire l’opera stavolta (sebbene non sia stato fatto in grande scala).
O no?

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