Recensione sentimentale

Ieri ho letto un libro sorprendente. E bellissimo. Se non mi ostinassi sempre a voler essere coerente con quello che dico, stavolta griderei al capolavoro, ma è più forte di me e quindi mi limito a scommettere sul libro e sulla sua fortuna nel tempo.

Sto parlando di Déjà-vu romanzo d’esordio dell’inglese Tom McCarthy, vincitore del “Believer Book Award 2007″ (non ancora aggiornato con la vittoria di McCarthy) e inserito tra i migliori libri dell’anno secondo il “New York Times”. E pure secondo me, anzi tra i migliori degli ultimi 10 anni direi.

Pubblicato da Isbn con la fantastica traduzione di Anna Mioni – una vera fuoriclasse nel suo campo – Déjà-vu è un romanzo ossessivo, spesso claustrofobico, ambiguo fino al disorientamento e originale nel modo di affrontare un tema spesso abusato in letteratura, quello della memoria e dell’importanza dei ricordi per l’identità di ogni individuo.

Ma della trama e delle caratteristiche di stile e scrittura del romanzo, come dei significati allegorici e di critica sociale che sottendono alla narrazione, ne riparleremo sicuramente, quello che al momento mi colpisce è che da tempo un romanzo non catturava così prepotentemente la mia attenzione, me n’è piaciuto molto più di uno ultimamente, ma nessuno mi ha preso così tanto: l’ho letto nel tempo di due brevi viaggi in metro e uno in treno (di quaranta minuti) e ho rischiato di scendere alla fermata sbagliata, un classico. Ma soprattutto sono stata completamente affascinata dall’abilità dell’autore nel rendere completamente accettabili,  al di fuori di una vera e propria comprensione o partecipazione razionale, atteggiamenti, sensazioni, pensieri, moti dell’inconscio che esulano dalla normalità banalmente intesa e condivisa.

Il protagonista per una serie di vicissitudini è un uomo inquieto sino all’ossessione, estraneo al mondo che lo circonda, chiuso nella ricerca inquietante di attimi di perfezione che gli diano sollievo. La sua vita si esaurisce in una continua coazione a ripetere gesti e movimenti, per renderli il più possibili fluidi, spontanei, naturali, leggeri. Ha perso molto della esistenza precedente in seguito a un terribile incidente e per sopravvivere ha bisogno di aggrapparsi ai pochi ricordi che la mente gli restituisce, senza nemmeno sapere se quei ricordi siano veri o semplici sensazioni, visioni, sogni. Questo poco importa, sono perfetti e quindi vanno ripetuti ad libitum.

C’è un altro aspetto che ha molto poco a che fare con la letteratura che mi rende caro questo libro e che senza inficiare il giudizio sulla sua qualità, lo arricchisce. Io conosco molto bene una persona così complessa da essere assolutamente semplice nei suoi bisogni: sempre gli stessi riti, gli stessi gesti per ogni attività, la richiesta continua che non avvengano cambiamenti nella routine quotidiana, l’ossessione per alcuni particolari, il sollievo per i programmi rispettati al millesimo, la necessità che alcuni attimi siano perfetti, secondo una visione tutta personale della perfezione. All’inizio da fuori, non si comprendono questi aspetti, sembrano piccoli indicatori di una vena di follia, e in realtà non si arrivano mai a capire fino in fondo, ma poi li si accetta e lentamente si entra nel “piano” e se ne intravede l’ordine irrazionale che lo presiede. Tutti a nostro modo, cerchiamo di rendere la vita il più “comoda” possibile secondo le nostre esigenze, no?

E il romanzo di Mccarthy ha saputo rendere benissimo questi aspetti, senza ricorrere a una scrittura artificiale o sperimentale, normalizzandoli quasi con uno stile vibrante e spesso veloce, ma mai eccessivo: il protagonista non è un pazzo che insegue delle chimere, è un uomo che cerca di non soccombere.

Intorno c’è dell’altro, la critica alla società e al potere del denaro, ma se ne riparla.

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19 Comments

  1. Il libro è uscito il 5 giugno, io l’ho letto nella stesura definitiva delle bozze, quindi dovrebbe essere facilmente reperibile tra breve quasi ovunque.
    Ero indecisa tra recensione sentimentale e non-recensione sentimentale ma poi ho optato per la semplicità 🙂

  2. Seia, mi hai incuriosito per davvero, e se il libro non dovesse piacermi, tornerò a rileggermi questo tuo post che mi è piaciuto già 🙂
    Ciao D

  3. Diego: mi fa piacere, ma sono quasi certa che il romanzo non ti deluderà e ti dimenticherai del mio post 🙂
    Ma la chiusura è definitiva davvero? Almeno ogni tanto passa 😉

  4. Certo che continuerò a passare di qui, ti ho incrociata in modo così bizzarro che sarebbe assurdo pensare di poter deviare 😉
    (ti stimo e mi stai simpatica… ecco, l’ho detto! 🙂 )

    Per quanto riguarda il mio blog, sai Seia, m’è capitata una cosa strana… d’un tratto guardandolo m’è sembrato talmente “poco” da rendermelo improvvisamente insopportabile. Mi sono chiesto: “ma questa “cosa” che senso ha?” … e purtroppo odio non riusicre a rispondermi!
    Se troverò un modo per diminuire il peggio magari ritenterò 😉

  5. Beh sono contenta, in effetti le circostanze potevano “dividerci” 😀
    Capisco il discorso sul blog ma secondo me il segreto è: divertirsi, senza progetti particolari, è solo un blog, da vivere senza patemi, senza preoccupazioni, finché ci piace. E se non ti divertiva più hai fatto bene, anche se mi spiace.

  6. Sul divertirsi hai ragione… e comunque mi sa che mi sono spiegato male. Non che prendessi il mio blog chissà quanto sul serio è che non mi dava più stimoli, insomma, mi annoiava (temo di essere talmente narcisista da trovare intollerabile poter essere la causa della mia stessa noia 😉 )

    A parte ciò, hai saputo che è venuto a mancare Maria Strofa?

    Ciao D

  7. Ho paura a leggere il romanzo.
    Non ho un buon rapportocon i romanzi.
    Di McCarthy ho amato quel bellissimo saggio Tintin e il segreto della letteratura che ho paura di guastarmi la stima che porto all’autore se leggo le sue narrazioni.
    Vado?
    Corro veramente il rischio?

    guarda che poi ti ritengo responsabile.

  8. Diego: ho capito il tuo discorso, dicevo in generale sui blog e i loro gestori. Si vedeva che non ti prendevi sul serio. Annoiarsi da soli è una cosa terribile! 🙂

    Ho letto qualcosa in giro, ma non lo conoscevo quasi per nulla.

    Boris: ogni volta che mi dici così, mi viene l’ansia! Comunque, io direi che possiamo rischiare, al massimo ti regalo un libro a tua scelta per espiare 🙂 Ma sono quasi sicura.
    Voglio leggerlo anche io, appena riesco lo ordino da qualche parte.

  9. Gigi: tu che lo conosci un pochino, sai 🙂 Ancora non ce l’ha un biografo, ma tra qualche anno secondo me potrebbe. La fiducia mi commuove 🙂

  10. Preso!
    La copertina è molto particolare, come le pagine bordate di rosso… ad ogni modo per ora nno lo tocco, me lo porterò giù in Sicilia 😉
    Poi, magari, ti faccio sapere cosa ne penso!
    Ciao D

  11. Fammi sapere di sicuro, non magari! .-)
    Confesso che non ho visto la copertina perché ho avuto il romanzo nella bozza definitiva prima della stampa, ma conoscendo l’isbn penso sia uguale alle altre, in effetti hanno una veste grafica interessante.
    Dove e quando in Sicilia??? Io parto ad Agosto per la costa messinese, non vedo l’ora!

  12. Allora, io sarò a Favignana i primissimi d’agosto, poi ritorno per passare 2/3 giorni per ferragosto sul Vesuvio con la famigghia (mi tocca! 😉 e poi di nuovo in Sicilia a Marzamemi dal 16 al 26.
    La zona di Capopassero/Marzamemi è uno dei pochissimi angoli di Sicilia che non conosco. Pare che il borgo di Marzamemi sia molto suggestivo, e con i miei amici ho preso casa proprio lì.
    Ad ogni modo, su di me la trinacria ha un effetto particolare, sarà che c’ho anche vissuto per diversi anni, ma appena posso ci vado… non so come spiegartelo, me la sento dentro!
    Tu vai sulla costa messinese?
    Ci sono angoli molto belli, io sono stato spesso a Capo d’orlando, nei dintorni di Patti e a Porto Rosa (e poi nel messinese fanno gli involtini di pesce spada più buoni del mondo :-)))

  13. diego: noto innanzitutto che ti fai un sacco di ferie! 🙂
    Poi la zona di Capopassero è meravigliosa, devi assolutamente mangiare la pasta col capuliato!
    Io sono nata a Messina, quindi capisco perfettamente la sensazione del ritorno. Negli ultimi anni abbiamo preso un villino a Tonnarella, una frazione attaccata a Porto Rosa e naturalmente, pur non amando di solito il pesce, farò incetta di braciolettina di pesce spada 🙂

  14. Origini sicule. Ecco svelato l’arcano sul perché, donna Seia, m’ispiri tanta simpatia 🙂
    (confidando, però, che il signor consorte non fraintenda, rispondendomi, poi, per le rime… giustappunto! 🙂 … a proposito, molto bello il regalo in versi. Compete degnamente col BlackBerry 😉
    Ciao D
    p.s.
    seguirò ben volentieri il consiglio culinario, il capuliato in effetti mi manca

  15. Diego, in effetti qualcosa c’era 🙂
    Il capuliato è una cosa talmente buona e parimenti misteriosa che, anche se conosco tutti gli ingredienti, non riesco a riproporlo, e dire che sono una cuoca sopraffina! 🙂 Mi saprai dire!
    Il blackberry invece, mi sta facendo impazzire, non riesco a fare quasi nulla di quello che facevo col mio vecchio cellulare, e ancora non ho nemmeno configurato la posta elettronica! E dire che di solito tra me e la tecnologia c’è un certo appeal…

  16. Ecco. Lo sapevo. Mi sono messo a leggerlo questo romanzo e mi sono incartato. Non riesco ad andare oltre pagina 51. Ti spigo il perchè. Quando il protagonista racconta di aver invitato il barbone e il suo cane a pranzo, ordina una bottiglia di costoso vino bianco (p. 49).
    Nella pagina succesiva rovescia sulla tovaglia bianca del vino rosso scuro.
    Nella pagina ancoraa dopo scopriamo che l’autore si è inventato tutto. E’ stata una fantasia estemporanea. Non ha mai invitato il barbone a pranzo.
    Allora michiedo. La trasmutazione cromatica del vino in quelle due pagine è una di quelle cose che accadono nei sogni e serviva a sottolineare la menzogna che ci stava raccontando, è una trascuratezza dell’autore o ha una profonda valenza simbolica?
    Se non risolvo sta cosa non riesco a finire il libro. Puoi aiutarmi?

  17. A parte la coincidenza pazzesca per la quale pensavo a te e a questo libro proprio ieri, o l’altro ieri, e volevo scriverti per sapere cosa te n’era parso, confesso che speravo non te ne accorgessi, sapevo che non l’avresti presa bene 🙂
    Io mi sono data diverse spiegazioni li per lì e poi, continuando a leggere il libro, non ci ho più pensato.
    Prima di tutto ho pensato a un errore di traduzione, ma non riesco a recuperare la versione originale per verificare. Poi ho pensato che fosse una sorta di licenza per giocare sulla finzione, il sogno, la realtà, come hai ipotizzato anche tu, e solo in ultimo ho pensato a un errore dell’autore, il che potrebbe essere, ho cercato d’intervistarlo ma ci sono stati problemi con l’ufficio stampa italiano dell’Isbn e non ci sono riuscita e gliel’avrei chiesto se l’errore ci fosse stato anche sull’edizione inglese. Però non credo molto nell’errore dell’autore, perché il libro è ben congegnato, anche complicato in un certo senso e lui lo rende sempre coerente, quindi non può esser caduto su una cosa simile.
    Poi tutto è possibile, ma continua a leggerlo! Fallo per me 🙂

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