Racconti di una donna che fugge

Su una lapide del cimitero monumentale di Torino, si leggono i celebri versi di Giosuè Carducci con cui comincia l’ode Ad Annie: “Batto a la chiusa imposta con un ramicello di fiori / glauchi ed azzurri, come i tuoi occhi, o Annie“. E’ la tomba di Annie Vivanti, poetessa e scrittrice nata a Londra da padre mantovano e madre tedesca, vissuta tra Inghilterra, Germania, Italia e Stati Uniti: grande amore del Vate, e dedicataria della poesia naturalmente. La Vivanti – allora ventitreenne – conobbe Carducci quando lui aveva passato la cinquantina ed era già famoso nonché poeta laureato, Annie gli inviò alcune poesie e Carducci, contravvenendo ad una sua radicata convinzione – che “ai preti e alle donne è vietato far versi” – non solo le apprezzò, ma si prodigò perché fossero pubblicate, scrivendo addirittura una prefazione al volumetto che uscì a nome della Vivanti per l’editore Treves con il titolo Liricae, al posto di quello voluto dall’autrice, Per amore. E proprio la liaison con il Vate, poi sfumata in affettuosa amicizia che durò fino alla morte di lui, è stata ed è tuttora la ragione più evidente della notorietà di Annie Vivanti, da noi pressoché dimenticata come autrice, malgrado il buon successo che i suoi libri ottennero all’epoca. Anche per questo è apprezzabile l’operazione condotta da Sellerio, a cura di Carlo Caporossi (con una nota di Anna Folli, che per Feltrinelli ha curato l’epistolario tra la scrittrice e il suo poeta, Addio caro Orco), che ha recentemente dato alle stampe i Racconti americani, raccolta di cinque novelle (di cui quattro inedite in Italia), pubblicate negli Stati Uniti su varie riviste tra il 1896 e il 1905. In queste pregevoli narrazioni, la Vivanti si affranca dall’aura di seduttrice, bohèmienne e vagabonda che la critica italiana le aveva cucito addosso: Benedetto Croce ad esempio scrisse, riguardo al successo italiano della scrittrice, che “il suo destino artistico fu di lanciare all’aria i suoi trilli durante qualche anno di vivacità e di buona disposizione giovanile; e presto tacere”. Questi Racconti americani ci consegnano invece l’immagine di una donna, anzi, di un’autrice ricca di talento, dotata di una scrittura priva di inibizioni, che grazie alla sua intemperanza caratteriale conquistò il successo (in America soprattutto per il teatro e in Italia per i best-seller Marion, artista di caffè-concerto del 1891, I divoratori del 1910 e Naja tripudians del 1920) ma che quella stessa intemperanza finì per scontare con l’oblio. Nel 1897 la Vivanti tornò in Italia dagli Stati Uniti, dopo il matrimonio con John Chartres, uomo d’affari e giornalista, per convincere Eleonora Duse ad interpertare la sua prima opera teatrale, Rosa azzurra (che la critica nostrana definì “un fiasco piramidale”): allora aveva già scritto tre dei cinque racconti di cui si compone la raccolta, “En passant”, “Houpl-là” e “Perfect” (che nella traduzione italiana diventa “Perfetta”). Carducci lesse questi racconti e ne fu entusiasta tanto da proporli più volte alla “Nuova Antologia” e cercando di convincere Annie stessa a tradurli, ma senza esito. Di ritorno in America, tra successi teatrali e romanzi, Annie trovò il tempo di scrivere altre due racconti: “A fad” (Un capriccio) del 1899 e “The true story of a Wunderkind” (La vera storia di una bimba prodigio raccontata da sua madre, Annie Vivanti) del 1905: quest’ultimo (storia del rapporto tormentato della scrittrice con il talento della figlia Vivien, prodigio del violino) fu l’unico ad esser tradotto all’epoca. I Racconti americani, che – si dice – piacquero molto alla Regina Margherita di Savoia, affrontano temi cari alla Vivanti e alle intellettuali dell’epoca: il ruolo della donna nella società, il conflitto tra la tensione artistica e i doveri verso la famiglia, l’amore e la passione che esplodono subitanei ed effimeri come i temporali in agosto, il dissidio interiore tra il desiderio di inseguire i propri sogni e il vantaggio di restare con i piedi ben saldi alla terra. Le ambientazioni sono tipicamernte vivantiane: ville inglesi, posti di villeggiatura in Italia, teatri, atelier; così come i personaggi: artisti bohemièn, solidi uomini d’affari, donne indipendenti, deliziosamente fatue. Eppure in queste novelle tutto appare assai più leggero e evanescente rispetto ai romanzi e alle pièces teatrali della stessa autrice: in essi non c’è traccia della farraginosità di alcune sue trame (vedi la saga de I divoratori); lo stile è brioso e limpido, costruito su dialoghi serrati e pieni di ironia, descrizioni puntuali e vivaci, e un felice tratteggio della psicologia dei personaggi principali, quasi tutte donne, attraverso la descrizione dei loro gesti, degli sguardi e degli atteggiamenti di ciascuna, senza mai cedere all’intimismo onanistico. In ogni racconto Annie ripete se stessa nei suoi personaggi femminili; ma al contempo racconta la disillusione che la vita ci costringe ad affrontare ogni giorno, smascherando l’ordinario che si cela dietro l’apparenza del meraviglioso e svelando l’inganno che alimenta il sogno e il desiderio. Così se in “Perfetta” la passione amorosa di Karl per Francesca, divampata durante una vacanza italiana, si stempera nella visione di lei madre e moglie a New York, in “Houp-là” la piccola Elsie – figlia di un impresario teatrale – conquista il cuore del giovane tedesco Herr con il brio del suo spirito e l’eccentricità dei suoi travestimenti, ma sceglie infine di sacrificare la passione e la vivacità del suo carattere in nome di una tranquillità borghese rassicurante e assai meno faticosa. Ancora, in “Un capriccio Lucy” s’invaghisce del giovane Ciccillo, bello come il sole e dalla voce carezzevole, e lo porta con sé in Inghilterra per sfoggiarlo come si farebbe con un quadro o una statua, ma il suo trasporto per lui, che sventatamente si uccide, non regge alla visione del volto di Ciccillo involgarito dalla morte e svanisce repentino come il dolore per la sua perdita. E’ cinica Annie Vivanti, almeno quanto è spiritosa e brillante: l’amore è incostante, la passione un gioco di cui ci si stanca presto, la vita una serie di circostanze su cui ironizzare senza drammi. E duqnque appare chiaro perché all’epoca, questi suoi racconti non potevano trovare, da noi, il favore del pubblico: troppo crudeli, taglienti, spregiudicati per l’Italietta di allora. Queste storie ruotano intorno ad una gioiosa celebrazione della femminilità (gioiosa persino nel dramma); tutti tranne l’ultimo, “La vera storia di una bimba prodigio raccontata da sua madre, Annie Vivanti”, in cui l’autrice si scopre madre apprensiva e preoccupata per il talento che dimostra la sua bambina, un talento che non può controllare e da cui non sa proteggerla. E qui il tono cambia, diventa sentimentale e ansioso, quasi tragico quando teme di perdere sua figlia. Ma in assoluto, Annie scrive di donne capricciose e volubili, femminili e seducenti che accettano la maternità e il matrimonio come una scelta obbligata, comoda, rassicurante e questo spaventava. Eppure, c’è un tempo per ogni cosa e i Racconti americani oggi potranno essere apprezzati come meritano e allora la Vivanti non sarà più solo l’ultima musa di un grande poeta o una disinibita ragazzotta apolide e multilingue, che fa scandalo al suo solo apparire, ma una scrittrice di polso dotata di uno stile riconoscibile e ben concepito, con una penna leggera come una piuma e
insieme affilata come uno stiletto.

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10 Comments

  1. pulcherrima,

    tu scrivi troppo figlia mia! io ho un’eta (del resto chi non ce l’ha) e faccio fatica a leggere. ora che i capelli imbiancano e dò del tu a chi un tempo mi parea adulto, ora che la vista si affievolisce e le ginocchia piegano, beh, ora leggerò con calma, insomma!

    saluti

    melpunk

  2. Seia cherìe ma ieri eri alla fiera dell’editoria? Indossavi una maglia rossa che lasciava poco all’immaginazione? Stavo per placcarti e sono quasi certo che fossi tu perché ti ho sentito chiacchierare con quelli del Maltese, ma eri scortata e guardata a vista dal tuo… fidanzato? Dimmi di no! Che siete solo amici e siamo noi i maliziosi, non infrangere questo cuore che batte per te 🙂 Fra Complimentissimi alla mamma e pure al papà comunque!

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