Essere Roberto Calasso

Pensavo che se dovessi scegliere di impossessarmi della vita di qualcuno, una cosa tipo invasione degli ultracorpi, la mia vittima designata sarebbe Roberto Calasso: leggendario presidente e socio fondatore dell’Adelphi Edizioni a soli 21 anni, nel 1962 insieme con Bobi Bazlen e Luciano Foà. Perché? Perché 1) ha creato una casa editrice e 2) ciò che fa è, semplicemente, pubblicare i libri che gli piacciono. L’Adelphi ha un catalogo di oltre 1.600 titoli divisi in 22 collane editoriali create ed organizzate secondo il gusto personale di Calasso. Ora, il Nostro adora Sciascia: di conseguenza ha cercato di prendersi tutta la sua produzione (ma Bompiani e Feltrinelli gli sbarrano ancora la strada, per adesso): così come si è preso tutto Simenon, tutto Eric Ambler e tutto Milan Kundera: e pure ha pubblicato tutto il teatro di Christopher Marlowe. Sta cercando di prendersi pure l’opera omnia di Elias Canetti (già in Adelphi, escluso Nozze in Einaudi e L’altro processo di Guanda), e già che c’è pure tutto Nabokov (ad eccezione di Lolita che si trova anche in Bompiani), e tutto Oliver Sacks (l’autore di Risvegli per capirci – da cui è stato tratto il film con Robert De niro e Robin Williams – di cui gli manca solo il Diario di Oaxaca pubblicato da Feltrinelli), e tutto Arthur Schnitzler, e tutto Emanuele Severino (per cui ha creato anche una collana a parte: Scritti di Emanuele Severino, appunto). A lui dobbiamo lo sbarco sul suolo italico dei libri del suo grande amico Bruce Chatwin, di Mordecai Richler (autore del folgorante La versione di Barney), di Sua Schizofrenia Patrick McGrath; e sempre a Calasso dobbiamo l’esposizione alle luci della ribalta di Milan Kundera e Giorgio Manganelli. Quando penso al modo in cui questo signore gestisce la sua casa editrice mi viene in mente lo spirito giocoso e possessivo che anima lo scambio di figurine che fanno i bambini per riempire i loro album: “ce l’ho, ce l’ho, mi manca, lo voglio”. Il fatto è che Calasso ha capito tutto: e cosa ce l’hai a fare una casa editrice se non puoi farci quello che vuoi, se non puoi prendere gli autori che ami e i libri che ti hanno colpito e pubblicarli per farli conoscere a tutti e diffonderli, sperando che incontrino il favore del pubblico per condividerne il piacere che hanno donato a te? O anche solo per non doverli pagare agli altri!
“Che cos’è una casa editrice se non un lungo serpente di pagine? Ciascun segmento di quel serpente è un libro. Ma se si considerasse quella serie di segmenti come un unico libro? Un libro che comprende in sé molti generi, molti stili, molte epoche, ma dove si continua a procedere con naturalezza (…) dove si mira alla poikilía, alla “variegatezza”, senza rifuggire i contrasti e le contraddizioni ma dove anche gli autori nemici sviluppano una sottile complicità”.
Questa affermazione è contenuta nelle pagine introduttive delle Cento lettere a uno sconosciuto (Piccola biblioteca Adelphi, 2003) curata proprio da Calasso (una raccolta di risvolti di copertina dei libri Adelphi dal 1971 ad oggi: di cui solo lui ne ha scritti ben 1068) e suona come una dichiarazione d’intenti, una sorta di “manifesto” dell’attività svolta da Calasso come editore e presidente nei 40 anni di storia della casa editrice milanese. C’è dentro il suo modo di intendere il mestiere di chi pubblica i libri, c’è la volontà di indirizzare il lettore verso un certo percorso e non solo di creare delle mode, né di assecondare acriticamente le tendenze già esistenti. Per esempio: dubito seriamente che Calasso avrebbe pubblicato Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire se glielo avessero proposto – magari avrebbe anche intuito l’affare, ma è una questione di scelte e di gusto: “La prima illusione di cui un editore sensato deve sbarazzarsi dice Roberto Calasso è che con i libri — specie con i buoni libri — ci si possa arricchire.” Ciò non implica che pubblichi libri per la gloria: la letteratura resta, sempre e prima di tutto, intrattenimento: e quindi, ovviamente, business. L’Adelphi ha guadagnato molti soldi con i libri di Simenon: un milione di copie vendute solo per le inchieste di Maigret, e tanti libri venduti anche con Kundera. O con La versione di Barney (vero e proprio “caso” editoriale di due stagioni fa con le oltre 170.000 copie vendute in pochi mesi): e questo solo per citare alcuni esempi, e a monte di tutto questo si percepisce da parte dell’editore un ragionamento sulla qualità dei libri: l’apparente capriccio delle scelte, a prima vista disorganiche ed arbitrarie, denuncia nella distanza il rigore e la coerenza di cui in realtà è frutto.
Ne Gli Adelphi per esempio troviamo Utz di Chatwin, Storia e geografia dei geni umani, Il soccombente di Thomas Bernhard o Parerga e paralipomena di Schopenhauer: tutto e il contrario di tutto. Certo ci sono le collane tematiche come Biblioteca Filosofica o i Saggi, ma il catalogo Adelphi dimostra ai lettori che le scelte di Calasso e dei suoi collaboratori obbediscono principalmente al piacere di pubblicare i libri che più gli stanno a cuore e di “offrire un ventaglio di possibilità che fosse congeniale a quello di un lettore curioso di tutto”, e che comprende testi di ogni genere, origine, epoca. Racconta Calasso che: “Nei primi anni molti ci chiedevano: ma che cos’è questa collana? Il primo titolo era ‘L’altra parte’ di Kubin, romanzo visionario e fantastico scritto all’inizio del Novecento. Poi seguivano i trattati sul teatro nô di Zeami, quindi il lettore si trovava sbalzato nel Giappone esoterico. Poi c’era ‘Padre e Figlio’ di Edmund Gosse, mirabile racconto di un’educazione in età vittoriana. Poi Artaud e i suoi Tarahumara. C’era evidentemente di che rimanere sconcertati, soprattutto alla metà degli anni Sessanta. Ma col tempo, finalmente, si è imposta la visione contraria: non solo i lettori ma i librai hanno capito che quei libri stavano insieme, che un lettore di queste opere totalmente differenti per epoca, genere, forma, esperienza passava facilmente — anzi desiderava passare — dall’uno all’altro.”
In Adelphi i libri non vengono classificati secondo categorie o “generi” e non ci sono distinzione tra “alta” e “bassa” letteratura, tra intrattenimento e cultura: così capita che i libri di Ferrandino siano pubblicati nella stessa collana in cui ci sono Sylvia Plath e Alfred Kubin e Benedetto Croce: e anche questo va bene, perché se è vero che ci sono libri che possono piacere o meno, sicuramente in Adelphi ci sono gran parte dei libri che piacciono a Calasso.

Sull’argomento consiglio una visita qui.

*Citazione dell’originalissimo film di Spike Jonze “Being John Malkovich” del 1999, in cui un burattinaio, interpretato da John Cusack, scopre un “portale” che gli permette di entrare nella mente e nella vita di John Malkovich, che diventa così il suo burattino personale.
Vorrei che l’idea del titolo di questo post fosse mia, ma la devo a Davide L. Malesi

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38 Comments

  1. Ho letto da poco Kubin (il numero uno, parafrasando Paperon de’ Paperoni), che mi ha aperto nuovi orizzonti.

    Su Calasso, quando e se mai ci incontreremo avrò da raccontarti un corollario intonatissimo alla tua accorata e appassionata apologia del medesimo.

    Bellissima e suggestiva la metafora del serpente.

    vincenzillo (sempre sloggato)

  2. Scusa l’ignoranza ma che pseudonimo sarebbe Seia montanelli? In ogni caso ti faccio i complimenti per la pagina su calasso, anc he se essere roberto calasso implica una serie di cose on certamente auspicabili per un mortale, non so se mi spiego…
    Stefano

  3. E chi te l’ha detto che è uno pseudonimo??? E in ogni caso non ti piace?
    Su Calasso grazie, ma mica ho capito a che ti riferisci, non conoscolo Calasso personalmente ma come icona m’ispira parecchio 🙂

  4. Ah, temo di aver fatto una gaffe. Seia non è un nome molto comune, in ogni caso chiedo venia; per quanto concerne Calasso non credo che tenga particolrmente ad essere un’icona. In ogni caso si è conquistato anche la mia stima in questi anni e non solo come editore ma anche come autore. io mi riferivo piuttosto a quella sfera meno conosciuta della vita di calasso che alcuni moderni chiamano “privata” e che non è forse così luminosa… o forse si????
    Ciao Seia, ammesso che ti chiami davvero così.
    Stefano

  5. Figurati 🙂
    Comunque non so nulla della vita di Calasso, e devo dire che nulla voglio sapere. Si parlava poco tempo fa della biografia dell’autore come opera e io sono tra quelli che preferiscono non sapere, che distinguono le due sfere quella narrativa e quella personale. Però adesso pensandoci mi hai messo addosso una curiosità da portinaia! Che ha fatto Calasso di così negativo??? 🙂

  6. Detto che continuo a credere che Seia sia un nome di fantasia; che comincia a piacermi e che sicuramente sei una donna (solo la donna riesce così male ad occultare la sua curiosità) dimmi tu piuttosto quello che pensi di Adelphi e di Calasso scrittore. In queste poche ore ho scoperto che sei anche una grande lettrice e questo mi incuriosisce molto. in realtà vorrei chiederti molte altre cose, m dal momento che non sono femmina non posso far trasparire la mia curiosità e pertanto mi taccio.
    Stefano

  7. Sapevo che sarebbe piaciuto anche a te alla fiine 🙂
    E sì sono una donna.
    Quello che penso di Adelphi l’ho scritto più volte. Trovo innanzitutto che sia riuscita in un’impresa che ha del miracolo (almeno qui da noi): fare dei suoi prodotti degli status symbol. Inevitabilmente se uno ha in mano un libro Adelphi per molta gente diventa immediatamente uno colto, uno che sa, uno che legge molto e cose complicate. Non dico che sia vero, ma accade e che accade solo con Adelphi.
    Inoltre mi piace l’idea di una casa editrice con una forte impronta personale, un po’ come l’Einaudi degli anni d’oro (sebbene molto sia dovuto ai vari Paese, Ginzburg ecc ecc), impronta che ora un po’ si è persa e mi piace l’idea di questa figura ingombrante, quasi prepotente, dalle scelte immediatamente riconoscibili. Adelphi ha pubblicato libri che non avremmo mai letto altrimenti. Ci sono romanzi o saggi che al solo titolo vengono associati esclusivamente a una delle copertine colorate molto essenziali. E poi chi altro potrebbe fare una collana intitolata “Libri di emanuele Severino”? E sapere che questo è garanzia di successo? O allo stesso modo fregarsene?
    Dei dubbi li ho sugli italiani, sul modo di gestire gli esordi italiani, sulle scelte.
    Io ho risposto, adesso tocca a te per cui dimmi di Calasso e se si tratta di cose private sul serio, trovi la mia mail da qualche parte qui dentro.
    Pronta per altre domande, vuoi intervistarmi? Ci sto! 😉

  8. Mi piace l’idea dell’intervista. Ma la rimanderei a domani. P quanto riguarda la tua mail ti conviene scrivermela, data la mia scarsa dimestichezza con blog e altri diabolici strumetnti di comunicazione moderna.
    A domani
    Stefano

  9. Dimenticavo. Visto che le domande le faccio io, dimmi intanto quello che sai di Calasso, oltre all’aura misterca un pò abusata che lo circonda.

  10. io non vorrei MAI essere Roberto Calasso, anche se per poco. Lascio a lui tutte le sue rimarchevoli qualità e mi tengo il guscio e il gheriglio di cui madre natura mi ha dotata, per quanti difetti vi alberghino.

  11. c’était une blague, caro Stefano, e di soprammercato non possiedo assolutamente alcuna vocazione editoriale che mi potrebbe portare a pubblicare anche un libro di ricette di cucina da regalare alle amiche. per quanto riguarda molte delle scelte editoriali di Calasso, tra cui alcune assolutamente elitiste che solo lui si permette di pubblicare (con i soldi di Simenon), chapeau. io però non sono tra i lettori di adelphi né simenoniani né kunderiani (pur amando i due scrittori) perché preferisco le letture Gallimard Folio comode da portare in tasca, un quarto del prezzo e in lingua originale. saluti

  12. Vuoi litigare con me? Non capisco il perchè ma posso assecondarti. Spero che nelle edizioni di gallimard tu non legga anche Landolfi, Niffoi, Manzoni, Macchiavelli ecc. ecc. o Nietzsche e heidegger. Un bacio
    Stefno

  13. ????? Per carità, non era nelle mie intenzioni provocare spargimenti di carta o di sangue attorno alla questione Adelphi, né tanto meno creare una singolar tenzone vs Gallimard. Per quanto riguarda la parte seria di quanto ho scritto c’è di vero che alcune case editrici italiane – Adelphi, Bollati Boringhieri, Einaudi – a prescindere dalla bontà dei cataloghi, hanno una politica dei prezzi tendente all’alto e spesso immotivata, e il periodo di passaggio dalla brochure al tascabile è troppo lungo, quando c’è. E credo che questo non favorisca l’acquisizione di lettori. Spero di essermi spiegata meglio.

  14. Molto meglio CARA barbara. Posso chiederti di che ti occupi? Mi sembra di aver capito che fai la lettrice di mestiere. Se hai voglia mi piacerebbe approfondire. Posso darti anche la dritta per avere i libri adelphi con uno sconto consistente.
    Stefano

  15. ogni tanto leggiucchio qualche libro per scrivere qualche articolo di giornale e ultimamente ho cominciato a leggere manoscritti per una casa editrice. poi ci sono i libri che vorrei leggere per piacere mio che sono sempre gli ultimi, poverini. grazie per l’offerta della dritta ma credo di conoscere anche io un posto dove vendono i libri adelphi etc.

  16. Vero. Sono un uomo e leggo molto. é abbastanza? Che altro posso dire… Mi incuriosiscono lettori e lettrici, di ogni genere.

  17. un anno dopo l’ultimo post.
    ti scrivo perchè hai scritto cose molto belle e, secondo me, nel mio piccolo, vere.
    Io dell’Adelphi negli anni ne ho fatto un idolo: non è cosa molto intelligente, ma oramai mi basta sapere che un testo appartiene alla famiglia perchè io lo possa leggere con occhi diversi. Perchè è stato scelto, dunque si inserisce nella storia, nella genealogia.
    Calasso paragona, in un bellissimo articolo (http://www.adelphiana.it/pdf/Calasso.pdf) una casa editrice ad un paese, di cui si possono scorgere viuzze e vie maestre. Serpente, paesaggio, famiglia: sono d’accordo con te che lui abbia potuto e capito creare qualcosa di suo. E’ il suo modo di essere artista, e gliene sono grato.
    Aubrey McFato

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