Giungla metropolitana

Ho appena terminato di leggere The asphalt jungle* di William R. Burnett, (atrocemente tradotto “La giungla di asfalto” da Gianni Cesena per l’edizione Oscar Mondadori del 1965).

E’ un libro sorprendente. Per diversi motivi.

Perché è una gangster story, per cui ci sono i buoni e ci sono i cattivi ma l’autore sceglie di adottare il punto di vista dei cattivi e così capita che alla fine quasi li capisci, che ne comprendi le ragioni e le motivazioni.

Poi è senza dubbio un noir perché parla di un colpo, quello che gli americani chiamano The Heist, il “colpo” che ti risolve la vita, ma l’esecuzione tecnica del “lavoro” resta sullo sfondo e ciò che viene fuori davvero sono i personaggi: meschini, egoisti, privi di senso morale, eppure completamente e disperatamente umani.

Infine è senza dubbio un poliziesco, con tanto d’investigatori e commissari e giornalisti (da una parte), e dall’altra i delinquenti, quelli per cui “il colpo” è pur sempre un mezzo per sopravvivere, parte della vita normale e quotidiana del malavitoso. E sia i buoni che i cattivi perseguono certi obiettivi, fanno le loro scelte, giocano una partita: il fatto che poi si trovino su fronti contrapposti è un dettaglio, a tratti si ha la sensazione che i ruoli potrebbero anche essere invertiti, pur restando i personaggi identici. Tutti si muovono in quella giungla d’asfalto che è la città, concentrato di avidità, sogni, frustrazioni in cui ognuno fa le sue mosse, per spietate che siano, e la civiltà è appena una lieve patina, una maschera dietro la quale nascondersi.

Burnett affida proprio al dottore, uno dei componenti della gruppo che esegue il colpo, la morale del romanzo: “Tutti gli uomini hanno di queste debolezze in una forma o nell’altra: tutti i loro successi e le loro cadute ne sono invariabilmente la conseguenza. …. In teoria un piano può essere perfetto, si tratti di un colpo come quello alla Pelletier o di una campagna militare o di una speculazione commerciale (un furto professionistico non è che una forma esasperata di commercio), ma poi deve essere messo in atto e non da una macchina perfettamente collaudata e lubrificata, ma da uomini il più efficiente dei quali può cader vittima di imprevedibili aberrazioni dello spirito e della mente.”


*Nel 1950 John Huston ne ha diretto un’eccellente trasposizione cinematografica con Marc Lawrence (Cobby), Louis Calhern (Emmerich), Sam Jaffe (Riedenschneider), Marylin Monroe (Angela), Jean Hagen (Doll) e Sterling Hayden (Dix) e James Whitmore (Bellini).

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7 Comments

  1. Ciao, ti ho scoperto di figura retorica in figura retorica (da litote ad iperbole…) quando avrò un po’ di tempo, recupererò il tempo perduto. Adoro chi recensisce i libri e da il suo parere. Staremo a vedere. Per il momento grazie e stai bene. Cyrano.

  2. cara seia, sono sempre io. ti volevo dire che anche io e King abbiamo scritto (e recitato) un racconto che si chiama Giungla d’asfalto, che trovo un po’ complesso ma godibile. se credi, e se King mi autorizza, te lo posso far avere.

    alf

  3. eccerto caro alf, manda pure! l’email la trovi da qualche parte sul blog, certo vorrei anche la versione recitata, un video? 🙂

  4. in verità è opera risalente, e dunque il supporto è una povera cassetta audio. ma lo spessore artistico è inarrivabile. mi organizzo con King e ti facciamo sapere.

    alf

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