Che bello uccidere Bill

Io la vedo così: che ti piaccia oppure no è irrilevante, d’altronde de gustibus…, ma non puoi negare che Kill Bill di Quentin Tarantino sia un’operazione geniale. Stupefacente. Folle. Kill Bill è la quintessenza dell’estetica filmica tarantiniana certo, ma è soprattutto un delirio cinefilo, come suo solito molto pop, splatter e postmoderno in cui il regista è riuscito a trasmutare sulla celluloide il suo intero immaginario, in uno transfer spericolato tra cosciente e subcosciente da far invidia a Jung. Meglio di una seduta psichiatrica. Non ricordo nessun altro film, romanzo, fumetto, quadro, insomma non riesco a focalizzare alcun prodotto dell’uomo, che si ponga come summa di un intero universo creativo come questo film in due atti. Kill Bill, è questo essenzialmente. Entri, ti siedi e poi ti lasci trasportare nei sogni e negli incubi del suo regista; in ogni singola fantasia che lo ha accompagnato nel corso della vita. Tutti gli scrittori o i cineasti raccontano storie, magari imbevendole qui e lì di “sé stessi”, ma mai nessuno è riuscito a trasferire in immagini e parole tutto, e dico tutto, ciò che li riempie. Sbalorditivo. E la cosa più straordinaria è che i fantasmi che popolano la fantasia del regista, sono gli stessi su cui si basa la mitologia della generazione X (una a caso dagli anni 70 in poi, a dimostrazione che il mondo non si evolve poi così in fretta.). Così quello che vedi animarsi sullo schermo è il lungo corteo dei protagonisti del tuo stesso immaginario: tu che hai letto i manga, ascoltato il rock e il punk, giocato a fare Bruce Lee, immaginato le donne come valchirie crudeli e sensuali, o semplici oggetti sessuali; tu che hai visto i film di Sergio Leone, fantasticato sul mondo dei ninja e dei samurai, desiderato di fare polpette dei tuoi nemici o strappare gli occhi ai rivali; tu che ti sei sempre chiesto come funziona il trucco della pressione mortale di Ken Shiro o hai desiderato un figlio; e infine tu che consideri il joy stick un prolungamento della tua mana, ritrovi parte del tuo percorso formativo in questi fotogrammi. Tarantino in un gioco continuo di rimandi e citazioni, esplora i vari luoghi della memoria collettiva, smonta e dissacra i diversi generi cinematografici, dallo yakuza movie, allo spaghetti-western, al film di kung-fu, al cinema d’autore per virare poi, nel Volume 2, verso una dimensione più umana, stupendoci di nuovo con la presenza, nella stessa rappresentazione della violenza, di una morale a difesa di valori fondamentali: il senso materno, l’onore, il rispetto per l’infanzia, la lealtà, la fiducia in se stessi. Magari ti annoi, magari ti indigni per la quantità di sangue e di violenza, ma non dirmi che non ti sembrano verosimili anche le scene più assurde o i dialoghi più surreali. Perché Tarantino ha preso una banale storia di vendetta, l’ha destrutturata dividendo l’unità temporale e diversificando lo stile narrativo, l’ha raccontata in un film girato secondo lo schema di un romanzo ripartito in capitoli, l’ha infarcita di omaggi e parodie, ha usato colori sgargianti e riprese da video-clip, ma è riuscito a mantenere sempre perfettamente coerente la narrazione, permettendo a te che lo guardi di sospendere l’incredulità e di partecipare, vedi tu se di buon grado o meno, alla grande giostra che ha creato, senza dubitare mai, neanche per un momento del suo movimento.


CHE TI RICORDA?

Ecco alcune delle citazioni che si trovano in Kill Bill:

COSE NOTEVOLI

  • il brano di apertura di Volume 1: “Bang bang“cantato da Nancy Sinatra
  • la sequenza di animazione, inserita al posto di un tradizionale flash-back, che descrive la morte del padre di O-Ren Ishii realizzata da uno dei maggiori studios giapponesi sotto la stretta supervisione del regista, e scandita da un brano della colonna sonora composta da Luis Bacalov per ‘Il grande duello’ di Giancarlo Santi.
  • I 20 minuti del duello tra Black Mamba-Uma Thurman, gli 88 folli e O-Ren Ishii-Lucy Liu.
  • La scena iniziale di Volume 2, alla Hitchcock, con Beatrix alla guida di una macchina in primo piano, che riassume la puntata precedente e introduce un lungo flash-back esplicativo.
  • Il dialogo surreale tra Beatrix e Bill, in cui lui giustifica il fatto di averla quasi uccisa ammettendo che, effettivamente, la sua reazione alla notizia del matrimonio di lei < è stata un po’ esagerata.>

 

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3 Comments

  1. Di Carlo Emilio Gadda ho letto “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”, e non mi è piaciuto per nulla, ho trovato particolarmente insostenibile l’uso ossesivo e poco digeribile del dialetto, ma sospendo il giudizio finchè non approfondisco l’autore. Gli darò un’altra possibilità 🙂

  2. C’è anche una citazione di “La notte dei morti viventi” di George A. Romero…

    Bello “Kill Bil”, eppure resta un gradino sotto a “Le Iene” ed un paio al leggendario “Pulp Fiction”.

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