Cinquant’anni di Oscar Mondadori

Era il 27 aprile 1965 quando uscì “Addio alle armi”di Ernest Hemingway (60000 copie esaurite il giorno stesso della pubblicazione), il primo titolo della collana che rivoluzionò il sistema editoriale italiano: gli “Oscar Settimanali Mondadori”, definiti da Vittorio Sereni, co-direttore della collana insieme ad Alberto Mondadori, nel famoso risvolto nella seconda di copertina contenente il “manifesto” degli Oscar, “libri transistor che fanno biblioteca”

E io ho proprio quella prima edizione e come molti italiani dagli anni ’60 in poi la mia libreria è composta in larga parte da volumi di questa collana, perlopiù usati e risalenti ad almeno trent’anni fa, collezionati negli anni con ripetuti raid nei mercatini e nei sempre più rari negozi di libri usati. Per questo mi piace molto celebrare i cinquant’anni degli Oscar. E poi in un momento in cui pare che niente potrà risollevare il sistema editoriale italiano attuale dal pantano in cui sta sprofondando, riguardare a un passato quasi glorioso può essere uno stimolo.

Quando gli Oscar arrivano sul mercato, esistevano già l’Universale economica Feltrinelli  e i tascabili BUR Rizzoli, che erano nati nel 1948; e addirittura già la stessa Mondadori aveva creato la “Biblioteca Moderna Mondadori “ (anch’essa del 1948) e ”I libri del pavone”. Ma con gli Oscar cambia totalmente l’approccio al libro tascabile, considerato ora come un vero e proprio bene di consumo, destinato  a un pubblico più ampio, con tirature anche di 100000 copie, venduto al costo popolare di 350 lire (l’equivalente di un biglietto del cinema),  e accompagnato dall’idea del libro sempre e ovunque: “Gli Oscar sono gli Oscar dei libri; si rinnovano ogni settimana e durano tutta la vita”, così recita il claim dell’operazione.

Fondamentale diventa il canale di distribuzione, non più la sola libreria ma anche l’edicola, che diventa il veicolo principale di vendita degli Oscar. Soprattutto però è fondamentale la scelta di campo: diventano Oscar Mondadori i testi di letteratura moderna e contemporanea in grado di generare intrattenimento. Poi arriveranno anche i classici, e da quella prima collana si avranno almeno trenta diverse diramazioni, ma all’inizio gli Oscar Mondadori si sono accaparrati una posizione preminente (che ora non hanno più) grazie a precise scelte di marketing editoriale (ad esempio la decisione  di limitare i paratesti delle opere e di utilizzare ogni volume per pubblicizzare le uscite successive) che non prescindevano però da una chiara consapevolezza della letterarietà dell’operazione.

Per festeggiare i loro cinquant’anni gli Oscar ripropongono in una nuova veste i loro dieci titoli più celebri che costituiranno una serie celebrativa in uscita a giugno: Cent’anni di solitudine, Assassinio sull’Orient’Express, Il fu Mattia Pascal, Il piacere, Fahrenheit 451,  La fattoria degli animali, Sulla strada, Il ritratto di Dorian Gray, Narciso e Boccadoro, Il vecchio e il mare. (Anche se  il primo volume più venduto dell’intera collana, o meglio il long seller di sempre è stato La ragazza di Bube di Carlo Cassola con le sue 446.800 copie vendute in sei anni).

Non è una novità invece lo sconto del 25% su tutto il catalogo, visto che ogni anno la cosa viene riproposta e che soprattutto molti degli oscar si trovano scontati tutto l’anno con buona pace della Leggi Levi, che non è la migliore della leggi sull’editoria, ma è l’unica che abbiamo al momento.

Il mio primo Oscar Mondadori è stato un cofanetto con tutte le favole dei fratelli Grimm; il mio Oscar preferito è quello con la copertina rossa de Il grande Gatsby; l’oscar vintage di cui vado più fiera è  I mostri all’angolo della strada di Howard Philip Lovecraft, che dopo l’edizione rilegata negli Omnibus e questa negli Oscar nel 1980, non è stato più ristampato.

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